Immaginate… siamo dentro una bolla e stiamo volando, quando improvvisamente la bolla che ci conteneva viene scoppiata da un fastidioso marmocchio. Lui non sapeva che noi fossimo lì dentro e che con il suo ditino ci avrebbe fatto così male, saremmo caduti per terra, avremmo sbattuto la faccia per poi esser schiacciati da lui e da tanti altri dopo di lui.
In questo caso la bolla è il nostro essere che non rispecchia ciò che ci richiede la società, mentre il bambino è qualcuno che senza saperlo scoppia quella piccola bolla, scagliandoci contro la prima critica.
Il nostro mondo singolare prima era perfettamente sferico, chiuso e fluttuava senza crearci problemi, ma da un momento all’altro, la quiete si interrompe e noi che eravamo dentro cadiamo per terra. La caduta è lenta e graduale, mano a mano acceleriamo, acquistiamo velocità e quando speriamo che sia finita questa sensazione di vuoto dentro di noi, ecco che arriva qualcosa di ancora più terribile. Giungiamo alla fine della nostra caduta e sbattiamo la faccia per terra e ci facciamo male: la consapevolezza di esser diversi ora è chiara.
Strano! Fino a quel momento eravamo riusciti a ignorare e schivare critiche, accuse, ingiustizie, rimanendo in aria. Beati coloro che riescono ancora a rimanerci! Quando invece ci troviamo per terra e ci sentiamo colpiti direttamente, l’unica cosa che riusciamo a percepire e a pensare è il dolore causato dall’impatto.
Quell’episodio, che ha scoppiato la nostra bolla ci ha riportato per terra nella società. Così ci ritroviamo diversi e doloranti.
Non è ancora finita, perché dopo che riusciamo bene o male a sopportare il dolore, ci passa sopra quel bambino e molti altri dopo di lui. Il primo marmocchio che ci schiaccia è colui che ha scoppiato la bolla con la prima critica e tutti quelli dopo di lui ribadiscono la stessa.
Ci sarà sempre qualcuno che ripasserà da quelle parti riaprendoci le ferite, perciò dobbiamo imparare a saperci muovere anche senza la bolla, impegnandoci ogni giorno per imparare a schivare i piedi intenti a calpestarci.
Arriverà il giorno in cui faremo i conti con la società (quando saremo a terra). La causa della consapevolezza di essere diversi si presenterà prima o poi, non solo tramite una critica diretta ma in tantissime altre forme.
Noi però, abbiamo bisogno di fare parte di questa società, abbandonando la nostra bolla per essere in grado di muoverci liberi e di reagire. Ed è qui la difficoltà: pensare con la nostra testa e non lasciarci schiacciare.
Perciò tocca a noi trovare il modo di convivere con questa società mantenendo integro il nostro IO.
Dobbiamo essere dalla parte di noi stessi.
È sempre difficile abbandonare la bolla, ma cadere è un passo obbligato, necessario per crescere e capire cosa c’è al di là di noi stessi.
L’importante è rialzarsi. Sempre e comunque.
Una metafora molto calzante per esprimere un concetto profondo con chiarezza e semplicità.
Complimenti
Che bello!!! molto sofferto e profondo… chiaramente concepito da una persona estremamente riflessiva, sensibile e che ha conosciuto la sofferenza. La diversita’ crea disagio ma il coraggio di rimanere coerenti col proprio io, senza maschere e’ quello che ci rende ogni giorno un po’ piu’ forti e consapevoli.
Chi ha necessita’ di omologarsi e mescolarsi per nascondersi agli occhi degli altri , chi ha bisogno di fare gruppo contro qualcuno di piu’ debole non puo’ che scivolare sempre piu’ in basso nella voragine della sua mediocrita’ .
L’ignoranza e la paura creano da sempre il rifiuto di cio’ che non si comprende. Il vero debole e’ chi ferisce, chi ha bisogno di schiacciare gli altri per sentirsi qualcuno.
Brava Martina !!